Alzi la mano chi, negli ultimi trentasei anni, non ha avuto, guidato, comprato, venduto, utilizzato, preso in prestito una Fiat Panda. Sì, perché la vera icona automobilistica delle utilitarie italiane è lei, la multimilionaria torinese, un modello che ancor oggi, alla terza generazione, si vende come il pane, a botte di 12 mila unità al mese. E, per una volta, non è soltanto una questione di mode – ok, magari un pochino sì -, ma di grande sostanza: un mix di qualità costruttiva, versatilità, motori, robustezza e prezzi che non conosce concorrenza.
La Panda (o il “pandino”, come spesso viene affettuosamente chiamata travisandone il genere) è diventata l’auto tuttofare, che si tiene anche se è vecchia, che si può prestare ai figli, che (si spera) va sempre in moto al primo colpo, che non si tira indietro se c’è uno sterrato, che domina la neve alla grande anche se non è 4×4, perché è leggera, con le gomme strette e alta da terra. Che cosa c’era da aggiungere a un modello praticamente immutabile nella sua semplicità? La Fiat ha rivolto le proprie attenzioni soprattutto agli interni, visto che da fuori il tutto si riduce alla disponibilità di due nuovi colori (il Rosso Amore pastello che vedete in queste foto e il Grigio Colosseo metallizzato).
Interni più freschi, ma nessuna rivoluzione.
Però non aspettatevi rivoluzioni nell’abitacolo, che non avrebbero senso: soltanto piccole migliorie che entrano a far parte delle qualità “pandesche” in modo molto naturale, come il volante di forma rinnovata, le grafiche degli strumenti, i rivestimenti dei sedili, che sono rigidi e non trattengono più di tanto, ma alla fine confermano la loro comodità anche dopo molte ore. Non si poteva poi trascurare la sezione multimediale, che fino al modello precedente si riduceva a un’autoradio e a un supporto per un navigatore TomTom. Il nuovo sistema funziona bene (vedere il riquadro qui a sinistra) e suona pure in modo apprezzabile. L’unica critica è di natura ergonomica: il supporto che regge lo smartphone è un po’ troppo lontano da raggiungere per chi guida appena un po’ più disteso del dovuto. D’altra parte, lo spazio sopra la radio è quello che è ed era necessario mettere il telefono in una posizione favorevole per i satelliti.
Non solo cittadina.
L’esperienza di guida con la Panda, specie questa con il motore più classico, il 1.200 da 69 cavalli aggiornato alle norme Euro 6, è esattamente quella che ti aspetti e che più o meno tutti ci ricordiamo. Ci si siede relativamente in alto (a 58 centimetri da terra) e quindi si gode di una buona visuale tutt’attorno, la risposta è più che adeguata per un uso cittadino, ma se ci scappa un allungo, per esempio per un sorpasso su una statale, il quattro cilindri non è spento, tutt’altro, e s’avvantaggia della leggerezza (1.115 kg il peso dell’auto in condizioni di prova).
Migliora l’accelerazione.
E la bella sorpresa è che, rispetto all’ultima Panda provata lo scorso marzo, le prestazioni sono state affinate, con un guadagno in accelerazione e, soprattutto, in ripresa. C’è sostanza anche in quarta e in quinta e le marce alte si possono tenere a lungo, perché la rapportatura è quella giusta per sfruttare tutti e 69 i cavalli disponibili. In compenso, c’è un piccolo scotto da pagare, sotto forma di un leggero peggioramento nei consumi sui tratti extraurbani. Niente di preoccupante, però: rispetto alle concorrenti di pari prestazioni, la Panda non sfigura di certo.